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A seconda della profondità cui giunge la lacerazione dei tessuti, si distinguono:
ferite superficiali che interessano solo cute e sottocute;ferite profonde che interessano fascia e strutture sotto fasciali, come la lesione di un vaso;ferite penetranti quando mettono in comunicazione l'esterno con una delle grandi cavità (cavità cranica, toracica, addominale);ferite interne quando sono a carico di organi interni, come la milza, il fegato, il polmone. In base alle caratteristiche dei margini della ferita, si distinguono in:ferite lineari o da taglio, caratterizzate da bordi netti e continui, fortemente sanguinanti;ferite da punta, causate da agenti vulneranti appuntiti (spine, aghi, chiodi, spilli), sono caratterizzate da un foro d'ingresso più o meno piccolo e da un tragitto più o meno lungo;ferite da taglio e punta, conseguenti all'azione combinata di pressione e strisciamento, tipiche di agenti vulneranti quali pugnali, spade, lance;ferite lacere, caratterizzate da margini fortemente irregolari, con presenza di aree necrotiche ed ecchimosi. La sutura di tali ferite deve essere preceduta da un'accurata regolarizzazione dei bordi con eliminazione delle porzioni necrotiche;ferite contuse, nelle quali l'agente vulnerante è smusso ed esercita una pressione tale da superare l'elasticità dei tessuti. L'area interessata appare edematosa, con presenza di zone emorragiche;ferite da arma da fuoco, caratterizzata da dolore modesto nelle fasi iniziali che si intensifica con la comparsa della reazione infiammatoria. Il sanguinamento è legato all'entità dei vasi colpiti. Nel caso delle ferite da scheggia, le caratteristiche dipendono dalla grandezza della scheggia. Queste sono ferite molto pericolose che hanno un'alta possibilità di infettarsi a causa di un'eventuale contaminazione di terriccio. In linea di massima, le ferite lineari sono quelle che guariscono più rapidamente e con i migliori risultati estetici a seguito di un'operazione chirurgica. Carovit Forte Plus Integratore Alimentare a Base di Red Orange Complex, 30 Compresse Prezzo: in offerta su Amazon a: 14,99€ |
Abbiamo visto che esistono varie tipologie di ferite per cui vanno trattate adeguatamente in base alla gravità. Ogni ferita, anche la più lieve e superficiale, deve essere correttamente medicata per evitare il rischio di infezione. L'uso di un qualsiasi prodotto disinfettante è indispensabile in caso di ferite; il soggetto che si accinge alla medicazione deve avere le mani pulite e possibilmente deve indossare i guanti perchè deve prevenire se stesso da eventuali malattie che possono essere trasmettesse mediante il sangue. Quindi, le due operazioni fondamentali da compiere nei momenti immediatamente seguenti sono pulire la ferita e arrestare l’eventuale emorragia. Le emorragie sono più o meno gravi in base al vaso lacerato; si distinguono in emorragie capillari, venose e arteriose.
Le emorragie capillari sono le meno gravi perchè interessano i vasi sottocutanei e superficiali. La caratteristica di questo tipo di ferita è che il sangue fuoriesce a gocce. Se la cute viene lacerata sciacquare con acqua fredda e applicare ghiaccio. Se la ferita riguarda un arto è bene sollevarlo più in alto rispetto al corpo in modo tale che il sangue defluisce più lentamente. Infine applicare una benda sterile assicurandosi che non siano presenti nella ferita corpi estranei. Le emorragie venose si riconoscono perché il sangue fuoriesce lentamente, in modo continuo e uniforme. Il colore del sangue è rosso scuro perchè si tratta di sangue deossigenato. Per arrestare questo tipo di emorragia si pone sulla ferita una garza sterile o un fazzoletto pulito, e lo si tampona, effettuando una lieve pressione. Se è necessario, si può applicare una fasciatura a monte della ferita, non troppo stretta, perché si corre il rischio di arrestare la circolazione in quella determinata zona del corpo. Anche in questo caso, se la parte interessata è un arto, si può alzarlo al di sopra del corpo per far diminuire l'afflusso di sangue. In caso di emorragie arteriose, il sangue è di colore rosso vivo (perchè ossigenato) e fuoriesce a getto. In questi casi si tratta di una condizione di emergenza e bisogna intervenire immediatamente perché la quantità di sangue che fuoriesce è molto elevata e potrebbero essere compromessi i parametri vitali dell'individuo. Se l'emorragia interessa grossi vasi, la compressione diretta sui fori emorragici è il primo intervento da eseguire. Bisogna mettere sulla ferita un tampone ottenuto ripiegando più garze sterili e se le prime si sporcano, se ne sovrappongono delle altre, senza rimuovere quelle a contatto con la ferita. Anche in questo caso, si solleva l'arto al di sopra del livello del cuore, continuando la compressione diretta sulla ferita. Quest'evento richiede un immediato soccorso da parte di personale qualificato.Il processo di guarigione delle ferite è molto complesso. La rigenerazione dei tessuti parte dalla neo formazione di un tessuto detto di granuloma che evolverà in una struttura detta cicatrice. Il processo di riparazione tissutale è suddiviso in tre momenti. La prima fase è quella infiammatoria, che può raggiungere anche il terzo giorno, in cui si attiva il fibrinogeno che da inizio al processo coagulativo. Si forma, così, una rete di fibrina che interrompe il sanguinamento. Dopo la vasodilatazione, si verifica la migrazione dei globuli bianchi nella zona della lesione. Segue la fase proliferativa, dal terzo al ventiquattresimo giorno, in cui prevale la proliferazione cellulare mirante alla neoformazione di vasi ed al riempimento della perdita di sostanza mediante il tessuto di granulazione. Ed infine la fase di maturazione o epitelizzazione, in cui si producono sui lembi della ferita gli abbozzi vascolari e linfatici che si portano verso il centro della ferita fino ad anastomizzarsi con quello provenienti dal versante opposto. La ferita si contrae, comincia a modificare il suo colore da rosso a biancastro, si accresce velocemente. La presenza delle fibre collagene permette la trasformazione del tessuto di granulazione in tessuto cicatriziale, ch'è anelastico, poco irrorato, privo di annessi cutanei). Le ferite possono andare incontro a guarigione con tre modalità differenti. Per prima intenzione è il caso delle ferite lineari, a margini netti, non complicate da ematomi, necrosi, infezioni e si formerà rapidamente il tessuto cicatriziale dopo che i due lembi vengono ravvicinati con punti. Per seconda intenzione è il caso delle ferite a margini irregolari e con presenza di aree necrotiche; il processo di guarigione partirà dal fondo della ferita con la comparsa di un tessuto di granulazione che procederà risalendo verso l'alto fino alla superficie. La rigenerazione è molto lenta, dolorosa e richiede medicazioni continue. Infine, per terza intenzione, si tratta di ferite suturate chirurgicamente ma infettatesi durante il post operatorio. La ferita verrà riaperta, regolarizzata nei margini e una volta risolta l'infezione, ri-suturata.
Le ferite solitamente tendono alla guarigione spontanea che avviene mediante il fenomeno della cicatrizzazione. I fattori che influenzano la guarigione delle ferite possono essere locali (lesioni preesistenti, corpi estranei, presenza di infezioni) e generali( età del soggetto, stato nutrizionale, patologie sistemiche).
In alcune circostanze il processo cicatriziale è anomalo ed evolve in senso patologico:ipotrofico. Caratterizzato da una scarsa presenza di tessuto di granulazione. La cicatrice si presenta di colore pallido, depressa e facilmente ulcerabile. ipertrofico. Questa complicazione è legata a situazioni diverse: contaminazione, guarigione per II intenzione, presenza di corpi estranei (anche punti di sutura). La cicatrice si presenta esuberante, dolente ed arrossata. Può essere corretta mediante asportazione chirurgica del tessuto accedente.metaplastico. Complicazione conosciuta anche come cheloide. Analoga a quella ipertrofica, si distingue per la tendenza alla recidiva dopo asportazione chirurgica, legata a predisposizione familiare o individuale. Predilige gli individui di razza nera, il sesso femminile, l'età giovanile.neoplastico. Si tratta del neoblastoma di Marjolin, che insorge dopo una latenza media da dieci a trent'anni.
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