Fino a qualche decennio fa le cause della policitemia vera sono rimaste completamente nell'ombra. Solo nel 2005 è stata individuata una correlazione tra l'insorgenza della malattia e una mutazione genetica a carico del gene JAK2, espresso nelle cellule staminali del midollo osseo e responsabile del meccanismo che regola il numero di cellule sanguigne prodotte. Negli individui sani, tale meccanismo è perfettamente controllato poiché il gene JAK2 viene attivato solo nel caso in cui vi sia effettiva necessità di produzione delle cellule del sangue. Nei soggetti affetti da policitemia vera, invece, la mutazione genetica a carico di JAK2 fa in modo che il gene non venga mai disattivato e questo porta alla crescita e alla proliferazione incontrollate delle cellule del sangue.
La policitemia vera nelle sue fasi iniziali è in genere del tutto asintomatica. Con il progredire della malattia cominciano a comparire i primi sintomi, spesso del tutto trascurati in quanto aspecifici e comuni ad altre patologie meno gravi. In genere i soggetti affetti riferiscono mal di testa, vertigini, sensibilità cutanea unita ad arrossamento della pelle soprattutto dopo un bagno caldo, difficoltà respiratorie e formicolio agli arti. Nei pazienti con la patologia in fase avanzata possono svilupparsi dei coaguli causati dalla maggiore densità del loro sangue (dovuta alla presenza di un maggior numero di cellule). Infine, in alcuni pazienti si può avere un ingrossamento della milza, visto che questa lavora molto più del normale per filtrare il sangue e liberarlo dalle cellule ormai vecchie.
L'iter diagnostico per la policitemia vera è semplice e si basa sull'analisi dei sintomi clinici, dell'emocromo e sulla ricerca di mutazioni a carico del gene JAK2. A causa dell'aspecificità dei sintomi la diagnosi viene spesso effettuata tardivamente o casualmente: sono molti i pazienti che scoprono di esserne affetti dopo aver effettuato un emocromo per altre ragioni mediche. Le terapie usate per il trattamento della policitemia vera consistono nel mantenere un'adeguata viscosità del sangue e tenere sotto controllo la proliferazione delle cellule. Vengono per questo somministrati farmaci come l'aspirina e l'interferone. In molti casi, alla terapia farmacologica vengono affiancate delle sedute di flebotomia che servono a ripulire il sangue per portare l'ematocrito verso valori normali.
COMMENTI SULL' ARTICOLO