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L'eritrocitosi non dipende da un singolo disturbo o da un'unica malattia. Associata, di sovente, al tumore al fegato, al rene, a ustioni di varia entità, alla "policitemia vera", a un emangioma cerebellare, a epatomi e a "leiomiomi uterini", nei dipendenti da nicotina l'eritrocitosi si verifica a seguito di un'ipossia tissutale. Inoltre, si riscontrano episodi di eritrocitosi a seguito di "ipossiemia arteriosa cronica", dovuta all'aumento di eritrociti. Ciò, in particolare, si verifica nella sindrome di ipoventilazione, a seguito di un intervento per l'inserimento di uno "shunt intracardiaco destro-sinistro", con il manifestarsi di malattie polmonari di tipo cronico e in tutti quei casi in cui si genera un'elevata emoconcentrazione. Un esempio particolare di eritrocitosi è rappresentato dalla sindrome di Gaisböck. Conosciuta come eritrocitosi da stress, essa colpisce soprattutto i fumatori con uno stile di vita sedentario, provocando insufficienza cardiaca e ipercolesterolemia.
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Quando si assiste ad un aumento sconsiderato della massa totale dei globuli rossi, si inizia a parlare di policitemia secondaria, strettamente connessa all'eritrocitosi vera e propria. Ma come si possono moltiplicare i globluli rossi nel sangue? Essi, innanzitutto, possono aumentare in tutti quei casi in cui l'organismo va in deficit d'ossigeno ma anche quando si assiste ad una maggiore produzione di EPO, abbreviazione di eritropoietina, tipica dei soggetti affetti da cardiopatie o pneumopatie di una certa rilevanza. I segni clinici che facciano supporre una policitemia secondaria possono essere tanti e di tipo differente l'uno dall'altro. A seconda dell'insorgenza della malattia si può riscontrare un rossore diffuso, un senso di spossatezza, un "abbassamento della pressione diastolica", vertigini, cefalea a grappolo, dolori addominali e a livello dei reni, apnee notturne, trombosi di tipo mesenterico, tosse persistente e persino una tromboflebite venosa piuttosto profonda.
Il Congresso della Società Americana di Ematologia ha cercato di dare una risposta quanto più precisa su come si potesse curare l'eritrocitosi e in che modo si potessero tenere sotto controllo i valori del sangue. Diagnosticabile attraverso un esame del sangue di routine, la cura per l'eritrocitosi prevede, soprattutto, sessioni di salasso e di chemioterapia per ridurre il livello di ematocrito. Questi rimedi, però, a lungo andare, possono generare importanti controindicazioni, quali un senso di debolezza diffuso e difficoltà ad alzarsi, sintomo proprio del salasso, oppure provocare vomito e diarrea, come accade spesso dopo i trattamenti chemioterapici. L'eritrocitosi, che colpisce soprattutto pazienti in età avanzata, può essere combattuta grazie all'utilizzo di farmaci di nuova generazione, quali chelanti del ferro e demetilanti che, assunti sotto rigoroso controllo medico, hanno il potere di rallentare la malattia e di consentire al paziente una migliorata qualità della vita.
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